Canto e parole materni hanno effetti benefici sui neonati prematuri

Lo studio si propone di esaminare i possibili benefici delle parole e del canto materni diretti sui parametri fisiologici dei neonati prematuri ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale e sul loro stato comportamentale. E’ stato chiesto a diciotto madri di parlare e cantare per i loro neonati pretermine stabili per 6 giorni consecutivi, tra le 13 e le 14.

Sono stati misurati la frequenza cardiaca (HR), la saturazione di ossigeno (OxSat), il numero di eventi critici (ipossiemia, bradicardia e apnea) e gli stati comportamentali. A una comparazione dei parametri clinici nei periodi in presenza e in assenza dell’intervento vocale materno emerge un aumento significativo dell’ossigenazione e del battito cardiaco unitamente a una significativa diminuzione degli eventi critici (p < 0,0001). Non sono state registrate differenze significative fra canto e parola a livello di variazioni dei parametri fisiologici, ma solo sugli stati comportamentali, con un aumento dei periodi di veglia tranquilla. Si può concludere che un recupero del legame con la voce materna può costituire un’importante esperienza per lo sviluppo del neonato prematuro. L’esposizione precoce al canto e alla parola materni hanno effetti benefici sullo stato fisiologico del neonato prematuro, in particolare sull’ossigenazione, sugli eventi critici e sull’aumento della veglia tranquilla.

Per approfondire : http://www.acp.it/wp-content/uploads/Quaderni-acp-2015_224_170-173.pdf

Il feto ascolta e apprende – nuovo studio dell’ Università di Helsinki

Fonte: http://www.lescienze.it/news/2013/08/28/news/suoni_utero_sviluppo_linguaggio-1787726/?ref=nl-Le-Scienze_30-08-2013

I bambini esposti a specifici suoni durante la fase fetale ne conservano un ricordo inconsapevole appena dopo la nascita: lo ha dimostrato una serie di test su piccoli sottoposti a elettroencefalogramma. Il risultato dimostra che il cervello umano nella fase fetale è capace di apprendimento uditivo, con interessanti ricadute sulla possibilità di prevenire o curare deficit di acquisizione del linguaggio

I suoni percepiti dal feto nell’utero possono influenzare lo sviluppo del cervello e di conseguenza lo sviluppo delle capacità linguistiche dopo la nascita: è quanto afferma un nuovo studio pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” a firma di Eino Partanen dell’Istituto di Scienze comportamentali dell’ Università di Helsinki e colleghi di un’ampia collaborazione di istituti finlandesi, olandesi e danesi.

I feti umani sono in grado di percepire i suoni esterni già a partire dalla 27ma settimana di gestazione. Questo importante progresso innesca una riorganizzazione della corteccia uditiva fetale e lo sviluppo del sistema nervoso. Finora tuttavia non era chiaro se questo processo potesse influenzare la percezione dei suoni e lo sviluppo neurale anche durante l’infanzia.

Il feto ascolta, il bambino ricorda
Una fase della sperimentazione, mentre viene registrato un elettroencefalogramma di un neonato (Cortesia Veikko Somerpuro, Università di Helsinki)

Secondo l’ipotesi di partenza dei ricercatori, se in utero si formano già tracce mnestiche neurali per i singoli suoni, ciò si dovrebbe riflettere dopo la nascita in alcune variazioni nell’attività elettrica del cervello, e in particolare nell’emergere di un incremento nella risposta mismatch ai cambiamenti di suono. Questa risposta consiste in una particolare variazione nei tracciati elettroencefalografici che si presenta quando viene percepito uno stimolo “deviante” all’interno di una sequenza standard ripetuta. Essa è considerata quindi una manifestazione di un “sistema automatico di rilevazione” del cervello di qualunque variazione intervenga in un contenuto noto.

Partanen e colleghi hanno perciò arruolato nello studio 33 donne  dalla ventinovesima settimana di gestazione fino alla nascita. Metà delle madri hanno ascoltato diverse volte alla settimana brevi registrazioni della pseudoparola “tatata”, ripetuta centinaia di volte, occasionalmente modificata nella vocale della sillaba centrale (“tatota”) oppure pronunciata con un accento diverso.

Dopo la nascita dei bambini, i ricercatori ne hanno analizzato le risposte neurali mentre udivano le stesse pseudoparole e altre variazioni poco familiari, confrontando quelle dei bambini esposti alle pesudoparole in utero con quelle dei bambini non esposti.

L’analisi dei tracciati ha dimostrato che i piccoli esposti in utero alle pseudoparole ne avevano un ricordo anche dopo la nascita. I risultati dimostrano che il cervello umano nella fase fetale è capace di apprendimento uditivo e subisce cambiamenti strutturali che danno come risultato tracce mnestiche neurali che possono influenzare l’acquisizione del linguaggio durante l’infanzia.

Secondo gli autori queste scoperte potrebbero aiutare a elaborare nuovi approcci terapeutici e di prevenzione dei deficit di linguaggio, compensando almeno in parte disturbi con una componente genetica come per esempio la dislessia.

Fonte: http://www.lescienze.it/news/2013/08/28/news/suoni_utero_sviluppo_linguaggio-1787726/?ref=nl-Le-Scienze_30-08-2013

 

Il bambino impara la lingua già nel ventre materno

Finalmente uno studio che prova quanto sia necessario parlare ai bambini non solo dai primi mesi di vita, ma anche quando sono nel pancione!

Questo è il primo studio che ‘fotografa’ l’apprendimento prenatale dei feti riguardo i suoni e la specifica musicalità del linguaggio materno . Secondo la recente ricerca svolta dall’Università di Washington condotto da Patricia Kuhl, direttrice dell’Insitute for Learning & Brain Sciences, e pubblicata sulla rivista Acta Paediatrica, il feto incomincia a imparare la lingua e le parole già  durante i mesi di gestazione

La ricerca ha dimostrato che i bimbi nati da poche ore sono in grado di distinguere i suoni di una lingua sconosciuta da quelli appartenenti a
quella nativa. I meccanismi sensoriali e cerebrali si sviluppano infatti alla 30esima settimana e il nuovo studio dimostra che nelle ultime dieci settimane di ‘permanenza’ nel pancione, il bebè ascolta la mamma parlare e alla nascita può dimostrare di aver sentito. I suoni vocali da lei emessi nei suoi discorsi sono il punto di riferimento più forte e il feto si fissa su questi.

fonti:

http://www.uni-wuerzburg.de/

http://ilabs.washington.edu/

I neonati riconoscono e memorizzano le parole basandosi in primo luogo sulle vocali

L’ascolto di parole o sillabe (soprattutto le vocali) già udite in precedenza ( anche durante la gravidanza) mobilita l’attivazione di specifiche aree cerebrali frontali del neonato, mettendolo in grado di memorizzare per alcuni minuti informazioni specificamente relative al parlato. A dimostrarlo stata una ricerca condotta presso il Laboratorio
di linguaggio, cognizione e sviluppo della SISSA di Trieste, diretto da Jacques Mehler, e descritta in un articolo a prima firma Silvia Benavides-Varela pubblicato sui “Proceedings of the National Accademy of Sciences”.

I ricercatori hanno monitorato con la metodologia della topografia ottica l’attività cerebrale di 44 neonati due minuti dopo che i bambini avevano ascoltato delle parole (in realtà, sequenze di sillabe senza senso ma con una struttura simile alle parole). La topografia ottica è una tecnica di visualizzazione non invasiva dell’attività cerebrale, basata sulla
spettroscopia fNIRS (functional near-infrared spectroscopy) in cui l’attività cerebrale è misurata sulla base della risposta emodinamica all’attività cerebrale, rilevata attraverso le variazioni nell’infrarosso vicino rispetto al quale tessuti cerebrali e ossa sono parzialmente trasparenti.

Nella prima parte dell’esperimento ai neonati veniva fatta ascoltare una serie di parole che facevano da riferimento rispetto a una seconda serie di vocaboli, che potevano essere foneticamente simili o dissimili, fatti ascoltare in un secondo momento.

Durante la seconda fase dell’esperimento, Benavides-Varela e colleghi hanno potuto osservare che quando i piccoli ascoltavano sillabe udite in precedenza entravano in funzione sistemi cerebrali che interessano aree della regione frontale destra: le stesse che negli adulti vengono reclutate durante il recupero delle informazioni. Il fenomeno non si manifestava invece se le sillabe udite erano nuove.

I risultati hanno inoltre dimostrato che le capacità del neonato di discriminare fra i suoni uditi, già evidenziate da studi precedenti, non si traducono in una memorizzazione dettagliata di tutti i segmenti di una parola: se le parole avevano vocali diverse ma le stesse consonanti, le tracce di attività nei circuiti di elaborazione della memoria del parlato erano assenti. I neonati memorizzano dunque principalmente le informazioni relative alle vocali, contraddicendo un’ipotesi diffusa fra gli psicologi secondo cui essi non avrebbero “preferenze” fra vocali e consonanti.

“Gli esperimenti ci mostrano principalmente due cose: in primo luogo nei neonati l’informazione veicolata dalle vocali sembra più facile da riconoscere di quelle delle consonanti” ha spiegato Marina Nespor, che ha partecipato alla ricerca. “La seconda osservazione importante è che a quanto pare le aree frontali potrebbero essere implicate nel riconoscimento delle sequenze parlate già dai primissimi stadi dello sviluppo.”

http://www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1205413109

lescienze.it

Uno studio conferma quanto le emozioni materne siano in grado di influenzare il feto

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori giapponesi dell`Università di Nagasaki guidati da Kazuyuki Shinohara e pubblicato sul Journal of Physiological Sciences , ha indagato gli effetti dell`allegria della mamma sull`evoluzione della gestazione. Questo studio, cerca di capire la correlazione tra le emozioni positive provate durante la gravidanza e la crescita del bimbo. L`esperimento è stato condotto somministrando a 3 diversi gruppi di gestanti dei videoclip allegri, tristi e neutri. Alle donne sono state fatte indossare le cuffie per garantire che venisse misurato solo l`effetto sortito dalle loro emozioni, e non dai suoni.
Dalla ricerca è emerso che le emozioni indotte nelle donne in gravidanza modificano soprattutto i movimenti delle braccia dei loro bambini: il numero di movimenti delle braccia del feto era superiore quando le donne incinte guardavano un videoclip divertente, e che il numero e la durata dei movimenti diminuivano progressivamente durante la visione di video neutri e tristi.
La tristezza, suggerisce Shinohara, aumenta nei feti i livelli di catecolamine, ormoni che vengono rilasciati in risposta allo stress subito. Questi ormoni indirizzano il sangue fuori dall`utero, riducendo l`approvvigionamento al cervello del feto. Una correlazione potrebbe dunque essere rilevata tra la felicità della mamma e un miglior sviluppo cerebrale.

Lo sviluppo musicale dei bambini

Lo sviluppo musicale dei bambini

di Johannella Tafuri – Conservatorio di musica “G. B. Martini”, Bologna

tratto da Quaderni acp 2005; 12(3): 96-98

Come il cervello del feto elabora le informazioni uditive esterne

Grazie a strumentazioni sempre più sofisticate che riproducono immagini ad alta risoluzione,  si è ora in grado di vedere il cervello umano e perfino quello del feto in via di maturazione nel ventre materno, e di capire quando e come si sviluppano le diverse strutture cerebrali.

In generale si è visto che le prime aree cerebrali a maturare sono quelle responsabili dell’elaborazione degli stimoli esterni e in questo periodo di tempo varia anche la struttura della massa cerebrale.

Negli ultimi tre mesi di gravidanza si sviluppa  invece la sostanza bianca che contiene importanti collegamenti tra le aree cerebrali affinchè la comunicazione avvenga in modo  regolare.

In questa fase si sviluppano gli assoni (i prolungamenti dei neuroni) e la guaina mielinica che è una sostanza isolante che permette  una rapida trasmissione dei segnali elettrici.

Oltre che anatomicamente, il cervello matura anche dal punto di vista funzionale.

Al 5° mese l’udito è già in funzione e il feto reagisce ai rumori aumentando la frequenza cardiaca o esibendo movimenti spontanei.

Negli ultimi 3 mesi se si trasmettono suoni al bambino in gestazione si è visto che aumenta anche la sua attività cerebrale nel lobo temporale (L’area più importante per l’elaborazione degli stimoli linguistici). ( Frenaud Jardri dell’Università di Lille neuro scienziato francese – 2008-)

Già alla 28° settimana i feti non si limitano a percepire genericamente i rumori esterni al ventre ma distinguono i diversi rumori e imparano a filtrare gli stimoli, importante per imparare a elaborare in modo sensato le informazioni.

I feti oltre a modificare la loro attività motoria e cardiaca in risposta a stimolazioni di tipo uditivo,  sanno anche riconoscere e memorizzare gli stimoli uditivi proposti.

Si è riscontrato che dopo aver percepito lo stesso suono diverse volte, per il quale si sono notate risposte cardiache e motorie, il feto, riconoscendo il suono e non essendo più in allarme per questo, non reagisce più. Queste affermazioni dimostrano che il cervello del feto sa elaborare gli stimoli esterni e già nel ventre materno, è capace di un rudimentale apprendimento. Sono state effettuate numerose prove, sui neonati, a proposito delle loro possibilità di riconoscere melodie, frasi musicali e persino favole lette dalla madre nelle ultime settimane di gravidanza: da ciò sono scaturiti dei risultati che confermano sempre queste precoci capacità di discriminare, riconoscere e preferire gli stimoli conosciuti.(Huebert Preissl-  fisico presso la clinica Universitària di Tuebingen in Germania).

Principali effetti della musica sul feto

Diversi studi hanno dimostrato che bambini tra i due e i cinque anni, esposti nella vita prenatale a una certa stimolazione musicale, sono in grado di fare discorsi più organizzati e articolati, sanno memorizzare canzoni lunghe e cantano in modo espressivo.

La musica e il canto inoltre  aiutano la produzione di endorfine, che hanno una funzione di antistress e provocano un benessere generale. Durante la gravidanza questo benessere serve sia alla futura mamma sia al bambino: il rilassamento che deriva dall’ascolto musicale o dal canto contribuisce ad abbassare le tensioni, a regolarizzare il battito del cuore e la pressione del sangue. Grazie alla produzione di endorfine,  si  contrastano la stanchezza e il malumore e si è aiutati  a vivere più serenamente la gravidanza.  Il canto ha un ruolo importante anche nella costruzione e nel rafforzamento del legame mamma-bambino attraverso la comunicazione intrauterina. L’ambiente uterino, infatti, non è un luogo silenzioso ma, al contrario, una vera e propria cassa di risonanza grazie al quale il piccolo inizia a comporre la propria “colonna sonora”.

 

 

 

 

Come il feto percepisce i suoni

Sebbene  intorno all’ottava settimana di gravidanza la coclea sia  già formata e i ricettori comincino a differenziarsi intorno alla decima settimana, soltanto a partire dalla 24 settimana si può affermare con certezza che il nascituro è in grado di ascoltare stimoli uditivi esterni al corpo materno.

Inizialmente i suoni, specialmente la voce della mamma, vengono trasmessi al feto attraverso onde dal liquido amniotico e percepiti dai ricettori del tatto che si trovano sulla pelle. Potremmo definirli come una carezza vibratoria, questi primi suoni percepiti dal feto.

A partire dal 6º mese la musica e i suoni esterni   passando attraverso il liquido amniotico vengono trasmesse a tre ossa : martello, incudine e staffa. Le onde raggiungono la coclea, questo piccolo osso a forma di chiocciola  che trasforma le onde in segnali elettrici e li trasmette al cervello. A questo punto il processo di sviluppo dell’udito può considerarsi compiuto, e così ne conseguirà la percezione del suono.
Alla fine dell’8 e all’inizio del 9º mese, il sistema uditivo può dirsi molto ben sviluppato.

Le reazioni del feto al suono sono state  misurate tramite l’aumento del battito cardiaco o della respirazione,  l’aumento e la diminuzione nei movimenti del corpo.
È stato provato che  con la musica, i movimenti fetali aumentano. Il feto reagisce a seconda del volume, della frequenza e dei cambi di timbro (alti /bassi).

I Suoni con decibel molto alti, possono condizionare negativamente il bambino nell’utero. Per esempio, davanti ad un suono dell’intensità simile  alla musica di una discoteca, nonostante l’utero filtri una parte del rumore arrivato, il feto reagisce sobbalzando nel ventre materno, che potrebbe indicare  sia un riflesso allo stimolo della musica, ma anche  una reazione causata dalla paura (molto più probabile).

E’ consigliato ascoltare e  osservare  bene i movimenti  del piccolo in relazione a  vari generi di musica, o ad altri suoni che provengono dall’esterno, perfino le voci di persone potrebbero causare in lui reazioni sorprendenti!  Il bambino nella pancia  è sempre lì, in costante comunicazione con noi, basta solamente ascoltarlo con attenzione.

Se vogliamo nutrire il bambino ogni giorno con musiche appropriate il Grembo Armonico è una delle alternative possibili.

Scienza perinatale delle emozioni e degli affetti

Il coinvolgmento affettivo della mamma verso il feto prima  e  il neonato poi, attiva delle modificazioni neuroendocrine che si trasformano in cambiamenti affettivi e viceversa,  in modo che il rapporto con il piccolo sia costantemente vivo. Durante tutto il periodo perinatale la madre produce neuroni modulatori capaci di aumentare l’efficacia delle connessioni sinaptiche del piccolo; uno di questi è l’ossitocina, un  neuro modulatore che favorisce il sentimento di tenerezza e di attaccamento rinforzando la tendenza a legarsi agli altri.  Assorbendo ossitocina a sua volta il piccolino sviluppa e fissa per sempre il desiderio della relazione affettiva. Lo stato  psicologico materno diventa quindi prima biologico e poi psicologico nel piccolo.

Questa relazione simbiotica con la madre continua anche nella vita extrauterina, il bambino distingue un viso triste da uno felice, un timbro di voce spento da uno vibrante e riproduce tutto ciò nel suo primordiale sistema mentale. Un figlio di una mamma depressa sarà in difficotà non solo perchè la figura di riferimento è lontana, ma anche perchè ne subisce per imitazione il contagio emotivo che poi diventa fisico. I genitori ma anche tutti coloro che hanno a che fare con bambini piccoli devono essere a conoscenza di quanto le relazioni siano basilari nella costruzione del cervello, e di quanto le carezze o la mancanza di esse possano nutrire o meno l’area limbica (il limbo è la struttura più profonda del cervello che raccoglie ed elabora tutte le emozioni).

In ambito prenatale il cervello non memorizza da subito a livello neuronale, ma le fibre dell’affettività (le fibre C) presenti nella cute si attivano da subito. Le fibre C di recente scoperta,   trasmettono impulsi attraverso percorsi diversi da quelli standard delle vie nervose . E’ stato provato da un gruppo di scienziati svedesi che se il midollo spinale è leso, le fibre C seguono allora un diverso tipo di percorso e di linguaggio per accendere le strutture limbiche di  pazienti con lesioni midollari permettendogli comunque di percepire il senso del piacere, e dell’affettività di una carezza . Queste fibre C si formano già nelle prime settimane di vita nel feto precedendo addirittura la sensazione tattile; il piacere che un corpo prova sotto a una carezza non è solo il toccare ed essere toccato, è un piacere molto più sottile e raffinato, e il feto usa questo percorso per creare la sua prima unione con la madre, quel legame reciproco in cui il bimbo si riconosce anche dopo la nascita.

La voce materna è il primo strumento che il bambino ha attorno a sè per relazionarsi col mondo, a partire dalla vita prenatale: è il primo veicolo di una vita affettiva che il bimbo ha e che usa per captare le sue prime emozioni. Prima di raggiungere il significato semantico della parola attorno al 6° mese, tutta la sua comunicazione e la sua emozione si basano su questo, sulla tonalità della voce e sulla musicalità del linguaggio. Anche l’ascolto della musica da parte del feto è stimolante proprio a livello cerebrale, come se la musica passasse attraverso la pelle della madre per arrivare a modificare la percezione del piccolo dentro al suo ventre.

Il piccolino memorizza  nel ventre materno tutte le vibrazioni sonore sulla pelle. Le neuroscienze hanno dimostrato infatti che già all’ottava settimana il feto è tutto ricoperto di pelle e che alla quindicesima settimana il piccolo inizia ad attivare i sensori,  il feto sente! Come afferma il filosofo Umberto Galimberti, (…) la musica si sente sul corpo come i baci e le carezzze. Non si ascolta solo con le orecchie. E’  il corpo intero che vibra.